Ayers Rock, Uluru nella lingua aborigena, è uno dei simboli dell'Australia, forse
l'icona per eccellenza.
Mentre l'aereo Ansett preso a Sydney si stava avvicinando alla meta, dal finestrino in lontananza si vedeva
finalmente spuntare qualcosa dal terreno, che strano... Mi sembrava di ricordare avesse un'altra forma il
monolito. E poi è grigio! Mi stavo rassegnando a pensare che forse tutta l'aspettativa che avevo forse mi
stava facendo un brutto scherzo. E di solito è così. Quando si mitizza troppo qualcosa la realtà si
dimostra ben diversa. Beh... pazienza. Per fortuna il comandante si mette a dare qualche notizia sulle
temperature e l'orario di arrivo e dice che quello che vediamo è Mount Conner, un monolito anche lui, ma non
è Uluru ! Guardando sulla guida vedo che forse è un pò più piccolo. Meno male. Dopo un pò finalmente
l'annuncio per allacciare le cinture e si comincia a scendere. Naturalmente si riesce a vedere qualcosa, lo
capisco dalle file di passeggeri all'opposto della nostra. Il monolito è dalla loro parte. Andiamo in albergo
(Ayers Rock Resort) e dopo pochi minuti siamo già fuori e stiamo per salire sul pullmino dell'Anangu Tours
per andare finalmente alla nostra meta.
Lo stato d'animo in quei momenti, e me lo hanno confermato in parecchi, diventa pessimistico, disilluso...
Tutta questa fatica, un viaggio lunghissimo, i fusi orari, per andare a vedere una roccia larga pochi
chilometri e alta qualche centinaio di metri... Dopo una breve sosta all'ingresso del parco per pagare il
ticket d'ingresso (16.25 Au$) ci dirigiamo verso l'Aboriginal Cultural Centre. E finalmente la visione.
Il monolito davanti a noi. E' indescrivibile. Qualsiasi cosa uno si aspetti, è molto di più ! E'
incredibile. Rimango senza fiato, quasi commosso. E man mano che ci si avvicina ho la sensazione di conoscerlo
da sempre. E' come se mi trovassi in un posto in cui ero già stato. Cerco di capire la sensazione, sarà che
l'ho visto mille volte in foto, in filmati, d'altronde è una delle bellezze naturali più riconoscibili al
mondo. Se calassero qualcuno da un aereo senza dirgli dove si trova, capirebbe subito cos'è. Ma invece c'è
qualcosa che ti attira, che ti porta a guardarlo continuamente e man mano che ti avvicini ti rendi conto che
la forma non è liscia, entrano dei canyon, ci sono pezzi che si sono staccati, grotte, anfratti, alcuni dei
quali nelle pareti che salgono in certi punti quasi a strapiombo, ma in altri con inclinazione più dolce.
Cambiano continuamente i colori e intanto sembra cambino anche le forme. E ancora adesso non trovo le parole
per descrivere le sensazioni che ho provato. Ma di una sono sicuro. Sono felice. |
La nostra guida locale, Rebecca, della tribù degli
Anangu.
Facciamo con lei un piacevolissimo giro alla base del monolito mentre ci racconta le tradizioni, ci spiega la
vegetazione e ci fa un piccolo corso di "botanica aborigena". A destra i vari tipi di semi
commestibili raccolti nel bush, il primo a sinistra è un ramo che contiene un succulento bruco, gustosissimo.
Entriamo in una caverna in cui ci sono tantissimi graffiti alcuni dei quali pare abbiano diverse migliaia di
anni. Rebecca ci spiega alcuni simboli ma di altri dice che non può parlarne, sono simboli segreti. |
E' il tramonto, forse il momento più bello. Lo spettacolo è unico. I colori cambiano in
continuazione...
Un posto magico. Hanno ragione gli aborigeni a considerarlo tale.
MA PER FAVORE, RISPETTATE LE LORO TRADIZIONI
NON SALITE SUL MONOLITO
|
Nella lingua aborigena Kata Tjuta significa "molte
teste". Conosciute anche come "Monti Olgas" queste formazioni sono simili ad Uluru come
formazione. Non è roccia come potrebbe sembrare, ma un'insieme di sabbia e sassi che nei milioni di anni si
è talmente aggregato che ha resistito a qualsiasi fenomeno naturale. Nella foto in basso a sinistra si può
notare un particolare di queste aggregazioni. Uluru, Kata Tjuta e Mount Conner sono le uniche formazioni
rimaste in un area enorme in cui milioni di anni fa c'era il mare. |